Un seminario all’ISSR all’Apollinare (Pontificia Università della Santa Croce) nell'ambito del biennio specialistico/Master “Religione
& Società”
Dopo più di 2000 anni di storia,
le 'sfide' alla verità della fede di natura gnoseologica sono ancora
molte e ben presenti: scetticismo,
razionalismo, relativismo, gnosticismo, agnosticismo, deismo e
ateismo. Alcune hanno radici molto lontane, altre
invece rispecchiano problemi e posizioni ideologiche sorte più
recentemente, ma tutte sembrano rimandare al rapporto tra fede e
ragione e alla fiducia nella capacità conoscitiva dell'uomo.
Si legge in Porta Fidei il Motu Proprio che
istituisce l'Anno della Fede: "La
fede, infatti, si trova ad essere sottoposta più che nel passato a
una serie di interrogativi che provengono da una mutata mentalità
che, particolarmente oggi, riduce l’ambito delle certezze razionali
a quello delle conquiste scientifiche e tecnologiche. La Chiesa
tuttavia non ha mai avuto timore di mostrare come tra fede e
autentica scienza non vi possa essere alcun conflitto perché
ambedue, anche se per vie diverse, tendono alla verità".
Su
questa base, il seminario ha esaminato e
discusso le diverse forme e gli atteggiamenti che negano o mirano a
indebolire la fede con lo scopo di trovare le risposte 'in sua
difesa' e sottolinearne la peculiare forma di conoscenza, la
razionalità, la credibilità e quindi la sua piena validità e
Verità.
I dodici studenti che hanno partecipato,
provenienti da tutta Italia, hanno portato anche
esperienze personali e/o vissute all'interno della scuola o in
comunità parrocchiali e altri movimenti ecclesiali. Sulla base
degli elaborati scritti e attraverso presentazioni multimediali, le
due giornate di lavoro hanno visto animarsi un dibattito vivace che
ha trattato alcuni tra i tempi più importanti e sentiti nel
dibattito culturale.
Ad esempio una studentessa piemontese ha posto
alla classe come incipit alla sua
presentazione la grande sfida degli scettici: “Ma possiamo
realmente vivere senza certezze?” mentre una giovane siciliana ha
fatto sentire alla classe la ben nota canzone di Francesco Guccini in
cui si cantava “Dio è morto” ma che poi si conclude affermando
“che
se Dio muore è per tre giorni e poi risorge, in ciò che noi
crediamo Dio è risorto, in ciò che noi vogliamo Dio è risorto, nel
mondo che faremo Dio è risorto" e
ha rilanciato la sfida a ritrovare la speranza che forse oggi molti
giovani faticano a trovare...
Un'altra partecipante, giovane
medico friulano, ha proposto una profonda riflessione su scienza e
metafisica approdando ad un'esigenza di senso che chiede ad ogni
scienziato di considerare le esigenze etiche che l'attività
scientifica sempre comporta e a soffermarsi sulle domande di senso che anche lo scienziato si deve necessariamente porre mentre fa ricerca o esercita la sua professione su e con altre persone, come ad esempio il medico.
Analizzando un altro punto di vista, un
insegnante di religione sardo ha invece soffermato l'attenzione sulla
nascita dei nuovi movimenti religiosi e si è chiesto la ragione che
porta al sorgere e al successo di tali nuove realtà: perché in
occidente, ma anche in Africa o in Sud America, si stanno diffondendo
e il numero di adepti sta così crescendo rapidamente?
La causa è da
ricercare nell'ateismo - come sostenuto da una studentessa romana -
o nell'agnosticismo o nell'atteggiamento dei cristiani stessi, per la
mancanza di una vera testimonianza della propria fede nella vita
quotidiana, come altri due studenti, un siciliano e una sarda
pensavano? E quale impatto e responsabilità hanno il nichilismo, il
relativismo imperante o il pensiero debole su un tale esito scettico
della cultura contemporanea?
Una giovane insegnante del Piemonte cercava di comprendere le ragioni e la natura del pensiero debole e chiedeva alla classe con semplicità e un po' di
incredulità: “ma se la ragione deve fare un passo indietro e non può
più giudicare nulla... allora cosa facciamo, cosa e come scegliamo fra diverse alternative? Tutto diventa così relativo?"
E nelle parole di un saggio giovane campano, risuonava lo stesso interrogativo con un linguaggio metaforico di grande impatto comunicativo: “ma non è meglio una bistecca vera anziché una
di soia? Quella vera è molto più buona e si sente la differenza al palato... E con quale colla si devono attaccare le piastrelle del
bagno se non con una colla vera? ... altrimenti poi dopo 6 mesi
cadono giù”.
Questi sono stati i temi del
dibattito nelle due giornate di lavoro e la risposta è stata
pressoché univoca: ritornare alla dimensione centrale dell'uomo,
alla sua dignità e alla intelligenza, riaprire uno spazio di
riflessione che riporti la ragione a stretto contatto con la realtà
– ritrovando la dimensione realista,come auspicato da una
studentessa emiliana - in modo che possa di nuovo affiorare la via
per trovare la dimensione in cui l'uomo possa ascoltare la voce di
Dio e da Lui essere guidato nella Verità della fede, senza perdersi
nel buio dell'ateismo, nell'ombra del nichilismo o nella nebbia dei
dubbi che lasciano solo inquietudine e paura nel domani.
L'ultimo contributo ha presentato la fede come l'esperienza di un incontro con la Verità nella Carità (ossia con Dio, secondo anche il titolo della prima enciclica di Benedetto XVI, Deus Caritas est) perché senza la carità la verità della fede è vuota, è votata all'arbitrio e rimane una gnosi senza scopo o un fine; allo stesso tempo, senza la fede radicata nella consapevolezza di essere nella verità, la carità rischia di cadere nel sentimentalismo, nell'emotività e nel soggettivismo.
Un seminario ben riuscito e
un'esperienza da ripetere perché la fede, sostenevano e raccontavano
gli studenti, è da “provare”, da vedere e da toccare con mano,
non solo da leggere o da studiare, insomma si potrebbe dire che è da
'gustare' e da praticare... Solo una fede viva, perché vissuta, è una fede che può
rispondere a tutte le sfide odierne e le può vincere, dando le
radici e aumentando la forza dello slancio verso la nuova
evangelizzazione in cui ciascuno è chiamato ad impegnarsi ogni
giorno.
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