mercoledì 5 dicembre 2012

Grazie a Murray, donare un organo per il trapianto è un gesto eroico secondo il Vangelo della Vita

Joseph Edward Murray
(1919-2012)
E' notizia di pochi giorni fa la scomparsa del medico chirurgo statunitense Joseph Edward Murray (Milford, Massachussets, 1919), avvenuta per un ictus all'età di 93 anni a Boston lo scorso 26 novembre. 
Premio Nobel nel 1990, Murray è stato il pioniere dei trapiantiil primo ad effettuarne uno con successo tra due gemelli di 23 anni, uno gravemente malato di cancro al rene e l'altro donatore, nel 1954. Il malato riuscì a vivere per 8 anni, il donatore fino a 79. 
Negli anni '60, Murray scoprì i farmaci anti-rigetto, in particolare l'azatioprina, e iniziò così a fare i trapianti tra non parenti. Dopo oltre mezzo secolo, i trapianti di organi oggi sono una realtà - quasi una routine - e in ogni ospedale ci sono liste di attesa che, a volte, richiedono al paziente anni di speranza, ma che possono davvero costituire la fine di una grande sofferenza e l'inizio di una nuova vita. Per questa ragione, le campagne di sensibilizzazione per la donazione degli organi sono molto importanti, perché ancora una certa parte dell'opinione pubblica teme le modalità dell'espianto degli organi, ossia che si acceleri la dichiarazione di morte di una persona per poter prelevare gli organi ex cadavere il prima possibile. 


Perplessità e dubbi di natura etica animavano lo stesso Murray, cattolico praticante (e membro della Pontificia Accademia delle Scienze dal 1996) che, prima di programmare il primo trapianto, aveva chiesto pareri e consigli a religiosi. Anche la Chiesa ha da tempo ben presente i problemi di carattere medico-etico tanto che nel Catechismo è scritto "il trapianto di organi è conforme alla legge morale se i danni e i rischi fisici e psichici in cui incorre il donatore sono proporzionati al bene che si cerca per il destinatario. [...] Non è moralmente accettabile se il donatore o i suoi aventi diritto non vi hanno dato il loro esplicito consenso. È inoltre moralmente inammissibile provocare direttamente la mutilazione invalidante o la morte di un essere umano, sia pure per ritardare il decesso di altre persone" (n. 2296).
La Chiesa si è espressa chiaramente e in diverse occasioni a favore di questa conquista della medicina moderna; ad esempio, Giovanni Paolo II nel 1991, in occasione di un discorso ad un congresso sui trapianti d'organi, disse che "dobbiamo rallegrarci che la medicina nel suo servizio alla vita, abbia trovato nel trapianto di organi un nuovo modo di servire la famiglia umana, e proprio tutelando quel bene fondamentale della persona".
Nell'enciclica Evangelium Vitae si legge ancora che i gesti eroici sono "la celebrazione più solenne del Vangelo della vita, perché lo proclamano con il dono totale di sé; sono la manifestazione luminosa del grado più elevato di amore, che è dare la vita per la persona amata" e che "merita particolare apprezzamento la donazione di organi compiuta in forme eticamente accettabili, per offrire una possibilità di salute e perfino di vita a malati talvolta privi di speranza" n. 86).

Naturalmente è importante che la donazione degli organi rispetti la vita, sia del donatore sia del malato; donare un organo è infatti un atto di amore e, se non è un atto libero della persona - e quindi risultato di una scelta della volontà umana -, non può essere tale. L'amore non può essere infatti 'obbligato' o 'forzato', altrimenti non è più amore. Il donatore deve essere informato e scegliere liberamente, così come devono farlo i parenti eventualmente coinvolti: la donazione è scelta etica perché, citando un altro discorso di Giovanni Paolo II al congresso internazionale dei trapianti nel 2000, consiste nella "decisione di offrire, senza ricompensa, una parte del proprio corpo per la salute ed il benessere di un'altra persona".
Dunque, se ben orientata  e condotta secondo i giusti principi etici, la scienza, e in questo caso la medicina in particolare, può offrire alla religione la possibilità di esprimersi efficacemente, dimostrando con opere concrete a cosa può portare la fede e l'amore per il prossimo, chiunque egli sia, anche uno sconosciuto. La scienza si rivela quindi come meraviglioso strumento a favore della vita dell'uomo e dell'amore e della solidarietà fra gli uomini e, a sua volta, riceve il suo pieno significato proprio nell'assumere un valore che la trascende elevandola ad un piano soprannaturale.


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