domenica 9 dicembre 2012

Quando la fantascienza provoca la teologia: gli extraterrestri sono stati salvati da Gesù Cristo?


E' notizia assai recente la pubblicazione del libro di Armin Kreiner, professore di teologia fondamentale alla Ludwig Maximilians-Universität di Monaco, intitolato Gesù, gli Ufo e gli alieni. L'intelligenza extraterreste come sfida alla teologia cristiana, pubblicato da Queriniana, in cui l'autore si chiede cosa potrebbe dire la teologia cristiana se un domani si scoprisse una civiltà di essere extraterrestri intelligenti in qualche angolo della nostra galassia o dell'universo. 
Ammettendo che questa ipotesi sia possibile, come l'autore ritiene che sia, il problema verte sulla figura di Gesù Cristo e sulla sua incarnazione, avvenuta una sola volta storicamente e con un valore salvifico è "unico" e universale per tutti gli uomini e per tutto il creato, per tutto il cosmo. 
Gli extraterrestri sarebbero comunque stati salvati da Gesù Cristo, come parte del creato? E che ruolo avrebbero e che posizione occuperebbero tra gli essere viventi, accanto all'uomo o nel regno animale? Ma la redenzione dell'uomo operata da Gesù Cristo - che ha assunto la "natura umana" apposta per 'ribaltare' quanto fatto da un altro uomo, Adamo, ossia per cancellare il peccato originale di cui l'uomo si è macchiato - come andrebbe vista "in ottica extraterrestre"?

Armin Kreiner
E' evidente che la questione in gioco è tanto delicata quanto profonda: un proposta è data dallo stesso Kreiner, sulla base delle dottrine teologiche elaborate da San Bonavenuta e Duns Scoto che vedono l'incarnazione di Gesù Cristo in chiave cosmica, senza un riferimento al peccato umano originale.
Come spiegato da Andrea Aguti, autore dell'introduzione all'edizione italiana del libro, secondo questa visione Dio
avrebbe potuto agire in modo simile su altri mondi possibili, in forme diverse da quanto avvenuto per noi 'terrestri' su questo nostro piccolo pianeta Terra del sistema solare. Sarebbe dunque da collocare il discorso su un piano diverso, quello proprio della filosofia e della teologia delle religioni, ponendo a confronto popoli diversi e sconosciuti e le loro religioni. 
Ma, come ha spiegato a questo riguardo il Cardinale Gianfranco Ravasi "in questa linea l'Incarnazione diverrebbe non più una realtà storica singolare, ma si sfrangerebbe in tante epifanie quante sono le eventuali umanità disperse nell'universo o nel mulitiverso astrofisico". Senza andare oltre con quanto la fantascienza può suggerire e con quanto si può elaborare con una "fantateologia" - anche se una certa riflessione, anche teologica, è stata anche elaborata nel corso del '900 non disdegnando di toccare alcuni punti caldi - questo è un esempio di come la scienza può provocare la religione con le scoperte e le prospettive che può aprire, spingendola così ad approfondire la ricerca teologica e a continuare la riflessione e lo studio della Rivelazione parallelamente a quanto ancora si scopre e si comprende del mondo della natura. 

Nel 1988, Giovanni Paolo II in una nota lettera a Padre George Coyne, allora Direttore della Specola Vaticana, aveva scritto: "Gli sviluppi odierni della scienza provocano la teologia molto più profondamente di quanto fece nel XIII secolo l'introduzione di Aristotele nell'Europa occidentale. Inoltre questi sviluppi offrono alla teologia una risorsa potenziale importante. Proprio come la filosofia aristotelica, per il tramite di eminenti studiosi come san Tommaso d'Aquino, riuscì finalmente a dar forma ad alcune delle più profonde espressioni della dottrina teologica, perché non potremmo sperare che le scienze di oggi, unitamente a tutte le forme del sapere umano, possano corroborare e dar forma a quelle parti della teologia riguardanti i rapporti tra natura, umanità e Dio?".

Mi pare però che sia importante sottolineare - d'accordo con quanto detto dal teologo Giuseppe Tanzella-Nitti  che, commentando questo argomento, ha invitato ad utilizzare una corretta epistemologia scientifica e teologica allo stesso tempo - che non a tutte le domande o le ipotesi (o "provocazioni") poste dalla scienza o da qualche studioso, la teologia deve sentirsi chiamata in causa e soprattutto obbligata a dare un risposta.

Di norma, è già molto difficile ragionare sulle ipotesi o le probabilità e non si può fare altro che proporre altre ipotesi o al più delle previsioni e provare a disegnare soltanto diversi scenari possibili. Ma in teologia, e in particolare affrontando temi di questa natura, il discorso è ancora più arduo perché la Rivelazione è stata 'donata' all'uomo in questa forma e con determinate caratteristiche e pertanto non si presta ad essere aperta a cambiamenti o interpretazioni basate su altre "scale" da noi inventate o basate su eventualità molto distanti dall'attuale realtà.  Al momento, e forse al contrario di quello che alcuni potrebbero pensare, è bene che la teologia resti ben salda con i piedi per terra, senza spaziare al di fuori di quanto le compete, e continuare a credere nella redenzione  operata da Gesù Cristo come evento unico e universale, senza  per questo pensare o poter affermare in nessun modo che qualcuno ne sia stato escluso o non ne possa comunque partecipare in altri modi.  

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