E'
stata resa pubblica lo scorso 2 novembre, giorno tradizionalmente
dedicato al ricordo dei defunti nella religione cristiana, la notizia
che il governo cinese ha - finalmente - vietato l'espianto di organi dai condannati a morte giustiziati a partire dall'anno prossimo, per
arrivare a stabilire un nuovo sistema di reperimento degli organi
entro i prossimi cinque anni definito dall'università di Hong Kong e
dalla Croce Rossa.
Purtroppo,
pare che questo modo di procurarsi gli organi per il trapianto fosse
molto diffuso (nel 2009 due terzi degli organi trapiantati
provenivano da detenuti giustiziati) e ben radicata nel paese dei
mandarini: la Cina con 10.000 trapianti l'anno è il secondo paese
del mondo dopo gli Stati Uniti e, nel contempo, è al primo posto nel
mondo per le esecuzioni capitali secondo i dai ufficiali (che Amnesty
International
giudica però molto più bassi del reale).
Tale situazione era da tempo ben nota anche in Occidente: già nel
2005 Huang Jiefu, vice ministro alla Salute, aveva ammesso che la
maggior parte degli organi per i trapianti sono di condannati a
morte. Si
trattava, in poche parole, di un vero e proprio mercato degli organi,
'venduti' anche attraverso i siti internet dei centri di trapianto
cinesi, con tanto di tariffario e tempistica per avere l'organo
'desiderato' (rene, fegato, cuore, ecc.). I 'clienti' erano ricchi
cinesi, sovente residenti all'estero e a Hong Kong, giapponesi,
coreani, ma anche americani. Proprio
questo successo dei trapianti "made
in China"
aveva portato al crescere dei sospetti e delle proteste, tanto che il governo cinese negli ultimi anni aveva emanato alcuni 'regolamenti' che richiedevano il
consenso scritto dei donatori, che i trapianti fossero eseguiti solo
in ospedali e con medici specializzati e aveva chiesto agli stessi medici
di aderire ad un codice etico che li impegnasse a rispettare i principi
dell'arte etica.
La
notizia dell'abolizione di tale pratica è buona per un duplice
motivo. Innanzitutto, prelevare gli organi dai condannati a morte (talvolta accelerando l'esecuzione delle condanne per via della richiesta...) senza il consenso del condannato né della famiglia è
assolutamente contrario alla dignità della vita umana e di ogni
persona, di qualsiasi età, razza o sesso, indipendentemente dagli
atti compiuti, anche se contrari alla morale o alla legge, pentendosi
o meno. La dignità 'ontologica' di un uomo è e rimane sempre tale,dal concepimento fino alla morte, e ognuno, anche se colpevole di delitti
e condannato giustamente deve essere sempre
rispettato, sia in vita sia da morto (anche il cadavere di un uomo
conserva una sua dignità).
Non è ammissibile
considerare il corpo del condannato giustiziato come un materiale a
disposizione,
che può fornire i 'pezzi di ricambio' per una logica di mercato che
va al di là di ogni genere di solidarietà umana. Il fine - avere un
organo da trapiantare ad una persona molto malata - in Cina le
richieste sono un milione e mezzo all'anno - non giustifica i mezzi
utilizzati per raggiungerlo.
Benedetto XVI nel 2008 dichiarò:
"Eventuali
logiche di compravendita degli organi, come pure l'adozione di
criteri discriminatori o utilitaristici, striderebbero talmente con
il significato sotteso del dono che si porrebbero da sé fuori gioco,
qualificandosi come atti moralmente illeciti".
Inoltre,
il fatto importante è che forse in Cina si sta iniziando a
comprendere che si devono rispettare i diritti umani, al di là di
esigenze di ordine economico, sociale o secondo visioni politiche e
ideologiche e indipendentemente dal riconoscere o meno una dimensione trascendente,
dal professare o meno una fede. L'espianto degli organi dai corpi dei detenuti è stato definito un "atto immorale e non sostenibile" dal dott. Wang Haibo, Direttore del centro nazionale di ricerca per i trapianti del ministero della salute: tale dichiarazione è
importantissima e forse può aprire un dibattito su altre pratiche
cinesi che sono senz'altro definibili immorali e non sostenibili.
Probabilmente,
anche la pressione dei mass media ha influito nel creare una
crescente opposizione a un tale metodo e a mantenere alta una certa
attenzione sulla questione. Si
può citare l'inchiesta della BBC nel 2006 e la recentissima
pubblicazione di qualche mese fa di un libro-denuncia dal titolo State Organs: Transplant Abuse in China (a
cura di D.Matas e Dr. T. Trey, Seraphim Editions).
Per questa ragione, vale la pena
di continuare a parlare del rapporto tra scienza e religione ma non
soltanto, di scienza e etica e di scienza e società, perché sia
sempre ribadita la necessità di "fare una scienza per l'uomo"
nella sua integralità, senza svantaggiare la parte più debole o
calpestare i diritti dei più poveri e deboli a vantaggio dei ricchi
e dei più forti.
Nessun commento:
Posta un commento